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Accademia degli Artefatti Via Buonarroti 30
00185 Roma
392 9542809
info@artefatti.org
www.artefatti.org


segnalato da Accademia degli Artefatti


condiviso da numero civico rovereto

 THEATRE | TEATRO



Accademia degli Artefatti

Orazi e Curiazi – dramma didattico

Bertolt Brecht


traduzione Emilio Castellani
dramaturg Magdalena Barile
regia Fabrizio Arcuri
con Miriam autori, Michele Andrei, Matteo Angius, Emiliano D. Barbieri, Gabriele Benedetti, Fabrizio Croci, Pieraldo Girotto, Francesca Mazza, Sandra Soncini
assistenza e costumi Marta Montevecchi
plastico/installazione scenica Portage
scene Andrea Simonetti
disegno luci Diego Labonia
video Lorenzo Letizia
sonorità Emiliano Duncan Barbieri
costruzione scene Claudio Simonetti e Amoni Vacca
organizzazione e promozione Simone Pacini
cura Valeria Orani
produzione accademia degli artefatti 2011
in collaborazione con Teatro di Roma, PIM OFF - Milano, AREA06 - Roma, Drodesera Centrale Fies - Dro (TN), teatroinscatola – Roma
la voce fuori campo è di Luca Biagini

“Il teatro rimane teatro, anche se è teatro d’insegnamento; e nella misura in cui è buon teatro, è anche divertente. La tecnica della diffidenza di fronte ai fatti consueti, ‘ovvi’, mai posti in dubbio, è una meditata conquista della scienza; e non v’è ragione perché l’arte non adotti questo atteggiamento utile quant’altri mai” (Bertolt Brecht)

Si parte dal dramma didattico brechtiano: tre gemelli, figli di Publio Orazio, in rappresentanza di Roma, e, per Albalonga, tre gemelli Curiazi, si scontrarono in battaglia: in palio l’onere e l’onore della sacra discendenza e del destino di un impero. La vittoria degli Orazi fu la vittoria di Roma. Orazi e Curiazi è anche una tragedia di Pierre Corneille (Horace), un’opera lirica di Domenico Cimarosa, un testo di Heiner Muller (L’Orazio), una canzone-coreografia di Rita Pavone e una storia fondativa di Roma (Tito Livio): interpretazioni della vicenda molto diverse tra loro, di cui lo spettacolo trattiene gli umori e se ne fa eco. La messa in scena, nel pieno rispetto del testo e delle indicazioni che lo accompagnano, realizza la trama relazionale, dialogica, e la ragnatela dialettica che Brecht tesse, e in cui fa muovere cose e persone, fatti e pensieri. Quello di Brecht è un testo che ha qualcosa della lezione scolastica e qualcosa del documentario televisivo. È un dispositivo d’interpretazione della realtà. Una formula linguistica. Un finto salto nel passato: al di là di dove siano ambientati i fatti, il loro esporsi storico e esistenziale, i loro racconti politici e biografici, sono un’opportunità di riflessione del, e sul, contemporaneo. Brecht si rivela come un contenuto originario del lavoro della compagnia, per il suo discorso politico, e per la pratica attoriale che impone: lavorare su un suo testo è dunque l’occasione per proseguire nella stessa direzione, ma con nuove strade da percorrere, la ricerca di un senso teatrale.
Orazi e Curiazi è un testo minore di Brecht e per sua stessa definizione è una palestra per gli attori, un territorio di conoscenza, una importante tappa didattica: “i drammi didattici non abbisognano di spettatori, sono istruttivi solo per gli esecutori stessi” (B. Brecht).
In scena molti degli attori coinvolti in questi dieci anni di ricerca e lavoro sulla drammaturgia contemporanea. A completare il quadro la dramaturg Magdalena Barile, già collaboratrice per il progetto One Day, e i Portage, ensemble che coniuga l'approccio concettuale dell'opera d'arte contemporanea con i meccanismi di fruizione e di comunicazione emotiva dell'evento performativo.

“Un contemporaneo non è sempre qualcuno che vive nello stesso tempo, né chi parla di questioni apertamente ‘attuali’. Ma è quel qualcuno del quale riconosciamo che la voce, o il gesto, ci giungono da un luogo fino ad allora sconosciuto e nello stesso tempo familiare, qualcuno che scopriamo di attendere, oppure, che ci attendeva, che era lì, imminente.” (Jean-Luc Nancy)

28 giugno - 2 luglio > Teatro India, Roma (debutto)
15 - 17 luglio > Santarcangelo dei Teatri, Santarcangelo di Romagna (RN)
23 - 24 luglio > Drodesera Centrale Fies, Dro (TN)



IL TESTO
Secondo la versione di Tito Livio (Hist. I, 24-25), durante il regno di Tullo Ostilio (VII secolo a.C.), Roma ed Albalonga entrarono in conflitto, affrontandosi con gli eserciti schierati lungo le Fossae Cluiliae, al confine fra i loro territori. Ma Roma ed Albalonga condividevano, attraverso il mito di Romolo, una sacra discendenza, che rendeva empia questa guerra: i rispettivi sovrani decisero di affidare a due gruppi di rappresentanti le sorti del conflitto, evitando ulteriori spargimenti di sangue. Furono scelti per Roma tre fratelli figli di Publio Orazio, e per Albalonga i tre gemelli Curiazi. Livio afferma che gli storici non erano concordi nello stabilire quali delle due triadi fosse quella romana. Iniziato il combattimento, quasi subito due Orazi furono uccisi, mentre due dei Curiazi riportarono solo lievi ferite; il terzo Orazio, che non avrebbe potuto affrontare da solo tre nemici, vistosi in difficoltà pensò di ricorrere all'astuzia e finse di scappare verso Roma. Come aveva previsto, i tre Curiazi lo inseguirono, ma nel correre si distanziarono fra loro. La vittoria dell'Orazio fu la vittoria di Roma, cui Albalonga si sottomise. Quello che racconta Wikipedia non è così lontano da quello che racconta Brecht. In Brecht l’avvenimento si sovrappone alla sua descrizione, la realtà al teatro – duplicato di un falso. Succede quello che i capitani o le donne o il coro dicono, o questi ultimi dicono quello che succede? Si racconta la realtà, o la realtà racconta quello che si dice? E’ un indovinello contemporaneo, il cortocircuito contemporaneo: nasce prima la realtà o la sua rappresentazione? Ed è, certo, il cortocircuito del teatro.



ACCADEMIA DEGLI ARTEFATTI
Il senso del teatro è politico, o non è. E non è certo una questione di forme da esporre o di messaggi da dare – queste sono solo conseguenze, vengono dopo. Prima viene il chiedersi il perché, e il continuare a chiederselo nel bel mezzo di ogni prova e di ogni replica. Relazionarsi con se stessi, con i testi, col teatro, con la politica: relazionarsi, senza pensare che lo spettacolo sia una risposta. Lo spettacolo è ancora una domanda, una piega del pensiero da condividere.
Dopo Sarah Kane, Peter Handke, Pirandello, Crimp, Moliere, Crouch, Ravenhill, molto dopo DALL’INFERNO e L’ETA’ OSCURA, elaborato il lutto di ONE DAY, ecco un altro spostamento, uno scostamento. Questo con Brecht non è un incontro occasionale, o recente: è, in qualche modo, la soddisfazione di un’attesa. L’idea di teatro di Brecht, del lavoro dell’attore, del ruolo dello spettatore, l’idea di straniamento, sono così fortemente vicine al lavoro di Accademia degli artefatti da rivelarsi come, per lo meno, decisive al percorso di ricerca artistica della compagnia: in qualche modo, il pensiero di Brecht appare ora come un contenuto fondatore rimosso. In questi ultimi anni abbiamo individuato una pratica attoriale che ci è sembrata esatta nell’affrontare una certa drammaturgia inglese. Una modalità attoriale che quella drammaturgia sembra esattamente indicare e richiedere. Adesso vogliamo imparare cosa chiede questa drammaturgia tedesca. Vogliamo verificare il lavoro che abbiamo fatto fin qui, nella lettura e nella messa in scena del contemporaneo, e dei suoi testi. Vogliamo mettere in crisi il nostro lavoro, confermarlo, spostarlo. Vogliamo giocare con le lezioni di Brecht, imparare ancora l’urgenza della scena.

"In Brecht voi vedete le emozioni,
mentre le vedete ci riflettete,
ma non le provate mai veramente.
Io penso di essere andato più lontano,
perché faccio in modo che il pubblico senta e pensi"
(Rainer Werner Fassbinder)







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